Per una ragione o per l'altra, mi trovavo in Belgio a raccogliere informazioni sui paesi tropicali. Volevo fare una tesi sulla giungla e già questo poteva sembrar strano, dato che si trattava del lavoro conclusivo per un corso di studi in letteratura francese. Quando poi feci sapere in giro che a scriverla sarei andato in Vallonia, in molti fecero fatica a trovarci un nesso, ma titubanti o divertiti, mi lasciarono andare senza troppe domande.
Scelsi di andare a Liegi, quattro giorni prima della partenza stabilita da tempo per il 16 giugno e, grazie anche al temperamento della città, là trovai tutto quello che mi serviva. Spensieratezza, una biblioteca universitaria, una libreria alle pendici del quartiere Pierreuse e una cantina piena di scatoloni di cartone, stracolmi di libri. Ma a stimolare la mia ispirazione furono anche le lunghe conversazioni con Bernadette, la signora che mi affittava una stanza, la cui passione per la natura ha qualcosa di formidabile. Per dare un'idea, lei è in grado di stare una settimana da sola in montagna tra i boschi, cibandosi delle piante e delle radici commestibili trovate cammin facendo. Certo, si tratta di un tipo di gita un po' estremo e se ne rende conto anche lei, sebbene una volta, sottovalutando forse la resistenza necessaria, decise di portarsi dietro una tra le sue sei-sette sorelle -non ricordo più bene il numero- a cui ben presto mancarono le forze. La lasciò allora presso un rifugio alpino a rifocillarsi, mentre lei continuò la sua marcia ancora per qualche giorno.
Una sera, dopo cena, grazie alle lunghe giornate di fine giugno- in Belgio d'estate resta chiaro sino alle undici- andammo a fare una passeggiata seguendo un sentiero che tra i boschi portava sino al “terril”. Non conoscevo ancora questa parola, ma immaginandomi un grande ammasso di terra compresi presto di averci indovinato. I terrils sono le montagnole, a volte vere e proprie colline alte più d'un centinaio di metri, formate dai vecchi detriti delle miniere di carbone che con i decenni sono ritornate a essere terra fertile per radici e prati incolti, su cui alberelli ancora esili crescono caoticamente. Ogni tanto il passo vi sprofonda ed è questa la ragione per cui su ampi tratti sarebbe impedito l'accesso, ma con una certa accortezza seguendo il volo di un calabrone e il profumo di una flora diversa da quella dei boschi intorno, nessuno sarebbe venuto a dirci di tornare indietro.
Molti fiori dal lungo stelo attiravano infatti insetti in cerca di nettare e il loro brusio aumentava la percezione del tepore estivo. Sarà stata solo una sensazione, ma Bernadette mi spiegò che il suolo nero del terril assorbe più calore delle zone circostanti e ciò dà luogo a microclimi che possono variare da un versante all'altro della collina, spesso adatti a specie di piante e animali non tipici dell'area. Sono inoltre frequenti fenomeni di combustione interna, dovuti alla presenza di materiale ancora combustibile e a una grande quantità di ossigeno in profondità, che possono trasformare il terril in un forno capace di raggiungere i 1300 gradi al suo interno e tra i 25 e i 60 gradi a pochi centimetri dalla superficie. In queste condizioni un clima caldo e umido viene garantito anche nei gelidi mesi invernali assieme ad una diversità ecologica non indifferente. É per per questo che a inoltrarsi su un terril si possono incontrare, tra papaveri gialli e digitali, vari tipi di rospi e lucertole, annusare piantine di finocchio, fermarsi ad ascoltare il lavorio dei picchi o ritrovarsi davanti ad alberi da frutto come meli e peri, di cui si dice siano cresciuti dai torsoli che i minatori gettavano nei cunicoli.
E tra tutti questi esserini che ci spiavano, ronzavano o fotosintetizzavano attorno a noi, procedeva la nostra scalata a questa grande sorta di soffice panettone erbaceo, dalla forma artificialmente tondeggiante -ma ce ne sono anche a punta e alcuni decisamente troppo, troppo, conici- che insieme a tanti altri attorno alla città di Liegi, testimonia l'impatto, volumi e volumi di roccia dissepolta, del suo “glorioso” passato di industria pesante.
Con questo non voglio dire che l'estrazione mineraria e la metallurgia siano ormai un capitolo chiuso nel bacino Haine-Sambre-Mosa, solo che da tempo queste attività non sono più in grado di trapiantare interi paesi di minatori da tutte le Zolfatare d'Europa alla periferia di centri come Liegi o Charleroi: ogni notte la lingua di fuoco costante della “belle flamme” emana un'aureola arancione dal lungo tubo dell'acciaieria di Ougrée dove segna il vento e il suo alone si propaga sino alle acque navigabili della Mosa che portano in centro.
Ma sul nostro terril era ancora chiaro e come al solito Bernadette era piena di storie e aneddoti incredibili. In particolare quella sera mi raccontò la vita di René Jean-Jérôme, una guida turistica nativa della Guyana Francese che lei aveva conosciuto durante un viaggio in Sud America, sul ciglio ombroso della giungla.
Si trattava della storia di un ragazzino che dopo aver superato un difficile rito d'iniziazione, lascia il villaggio della sua tribù per andare a esplorare il mondo. Una storia che io vorrei raccontare a voi da molto tempo, ma siccome mi dispiacerebbe tralasciare qualche particolare importante, ho chiesto a Bernadette di scrivermi una lettera per rinfrescarmi la memoria. Una lettera che ho già ricevuto e che mi sto limitando a tradurre cercando di non appesantire troppo la sua immediatezza.
La troverete su circoloMarlow tra qualche giorno.
Niccolò
1. Foto di terrils.
2. Approfondimento sui terrils presenti nella regione di Liegi, in lingua francese.
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