Saturday, 14 April 2012

A Vladivostok fa talmente freddo.


A Vladivostok fa talmente freddo che al mercato vendono la carne in fettine sciolte, senza confezione, disposta come arance in cassette di legno o di cartone. Si sceglie il taglio appropriato, quello che si preferisce, frugando con la mano tra le fette rosse intarsiate di lardo, dure come pietre e che rimescolandosi fanno rumore come grossi pezzi di lego. Lo stesso avviene per il pesce, disposto in cumuli piramidali dai tanti occhietti fissi, giallini, e dalle pinne caudali ritorte e irrigidite. 
Tra queste e altre mercanzie e tanti vasetti di caviale, la signora di Vladivostok, foulard annodato sotto il mento, si aggira tra le bancarelle di una bella giornata di marzo valutando silenziosa cosa porterà sul piatto.

Subito dopo il porto, il centro si presenta con un grande monumento alla Rivoluzione ai piedi di una strada dritta, affollata dai passanti e auto con la guida a destra, benché il senso di marcia non sia alla britannica. Sono infatti macchine usate importate dal Giappone quelle che in maggioranza vanno su e giù per le vie di questa città costruita su basse colline che mi restituiscono il profilo reale, modesto, di un toponimo dal suono severo. I russi e gli ucraini che sono a bordo con me, sbarcano curiosi anche loro di vedere questo lontano avamposto a oltre due settimane di ferrovia da Mosca. Da qualche palazzo costruito tra otto e novecento, dal ferro e molta edilizia popolare, si attendono una città collocata oltre la portata delle attenzioni da parte dell'amministrazione centrale, ma ne tornano quasi soddisfatti, stupiti dal carattere amichevole degli abitanti. Stanislav si confida: “Devo dire la verità, pensavo peggio”.

la baia ghiacciata
Intanto io, risalendo una strada scoscesa in una zona ormai periferica, vedo una cosa che non ho mai visto prima. Dietro il promontorio che segna l'inizio delle acque mosse dalle correnti e i flutti oceanici, una grande baia è vinta dal silenzio del ghiaccio che la immobilizza a perdita d'occhio sotto una coltre spessa e uniforme. É come essere al Polo Nord, sebbene la latitudine sia soltanto 43° N, inferiore per esempio a quella di Venezia, ma mi devo sempre render conto che considerazioni come questa, voglian dir poco al cospetto dei grandi moti di fluidi caldi e freddi che percorrono la Terra. 
Verso nord colline brulle si ergono dal pack immacolato, inaspettato.


Nicco.

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